Il Prof. Antonio D’Avolio spiega nel dettaglio perché il monitoraggio dei farmaci ha bisogno di un livello di automazione e affidabilità sempre più elevato.
In alcuni ambiti clinici della terapia anti-HIV è indispensabile effettuare un costante monitoraggio dei farmaci utilizzati, perché questi non perdano efficacia ed al contempo ottimizzare la terapia farmacologia. Questi controlli – spiega il Prof. D’Avolio – devono essere effettuati con tempi di risposta sempre più rapidi, sia per andare incontro alle esigenze cliniche dei pazienti, sia per garantire un controllo efficace e sistematico sull’efficacia dei farmaci utilizzati.
Fino ad ora, le principali problematiche legate a questa esigenza sono state legate all’assenza di un sistema di automazione che garantisse rapidità ed efficacia, e in particolare in questi ultimi anni il problema è diventato ancora più evidente, vista la tendenza nel mondo della routine, a centralizzare le analisi in hub sempre più grandi e specializzati, che devono essere in grado di velocizzare le refertazioni per offrire molti risultati, completamente affidabili e in tempi ridotti.
Therapeutic Drug Monitoring in HIV
Prof. Antonio D’Avolio
La terapia anti-HIV è diventato un “trattamento cronico” (“quod vitam”, per tutta la vita) con lo scopo di ridurre la replicazione virale e mantenere elevato il numero dei CD4+ del paziente. I bersagli principali di questa terapia sono gli enzimi chiave della replicazione virale, quali la trascrittasi inversa, l’integrasi, la proteasi e il co-recettore CCR5. Ad oggi vi sono tra le 26-28 (in funzione della Nazione) molecole farmacologiche a disposizione del clinico. Per evitare la comparsa di resistenze e per ottenere la migliore efficacia terapeutica i farmaci vengono somministrati in co-terapia (terapia HAART), come ad esempio: una associazione di due inibitori della trascrittasi inversa combinati con uno o due inibitori della proteasi o con un inibitore non nucelosidico della trascrittasi inversa, a questi può essere o meno aggiunto un farmaco booster, utilizzato come amplificatore e potenziatore della terapia
Il monitoraggio dei farmaci antiretrovirali (ARVs) risulta necessario, soprattutto in alcuni setting clinici, per ottimizzare la terapia farmacologica, al fine di evitare la comparsa di resistenze nel virus ed aumentare la risposta terapeutica. Le richieste del monitoraggio terapeutico (Therapeutic Drug Monitoring, TDM) di antiretrovirali sono generalmente gestite in laboratori specializzati che utilizzano tecniche in cromatografia liquida accoppiati a rivelatori UV o spettrometri di massa. Una delle principali limitazioni al TDM è sempre risultato essere storicamente, in termini generali, la velocità di refertazione del risultato; infatti, la risposta del laboratorio deve essere prodotta in tempi compatibili con le esigenze del clinico/paziente. Uno dei fattori che rallenta l’esecuzione di un TDM effettuato in cromatografia liquida è, per esempio, l’assenza (spesso o nella maggior parte dei casi) di automazione e/o procedure automatizzate. Questo è un aspetto particolarmente importante, e sempre più pressante, a seguito dell’aumento della numerosità di richieste che posso pervenire al laboratorio, anche a seguito delle centralizzazioni che stanno avvenendo nelle varie regioni italiane.
L’esempio storico più importante in ambito routinario di automazione ha riguardato l’uso di sistemi immunoenzimatici per la determinazione dei parametri di chimica clinica, e solo più recentemente dei farmaci.
Questi sistemi immunometrici sono infatti stati la scelta prediletta quando è stata necessaria una completa (o semicompleta) automazione per i grandi numeri: infatti, i reattivi sono forniti solitamente in forma di Kit e sono relativamente semplici da utilizzare, e l’apporto manuale degli operatori è minimo. D’altronde però, riproducibilità e specificità sono due aspetti molto importanti nel monitoraggio dei farmaci, ed i saggi immunoenzimatici risultano essere meno specifici (e meno sensibili, talvolta) rispetto alle altre metodiche come la cromatografia. In un lavoro di Uglietti et al. del 2007 è stato visto infatti che un Kit ELISA per un farmaco antiretrovirale, il nelfinavir, produceva risultati con valori più alti rispetto a quelli ottenuti con un metodo cromatografico, in quanto nel test immunometrico venivano utilizzati degli anticorpi non così specifici da distinguere il nelfinavir dal suo principale metabolita (M-8). Per questi motivi la cromatografia liquida con rilevazione UV/Massa rappresenta il GOLD STANDARD per il dosaggio degli ARVs e dei farmaci in generale. Al momento, però, i Kit utili per dosare i farmaci ARVs, sono ancora limitati in termini numerici e comunque tutti da utilizzarsi attraverso preparative manuali e non automatizzate, molti di più sono i metodi “home made” utilizzati dai vari laboratori.
Negli ultimi anni, con l’accentramento delle analisi in laboratori ultra specialistici dei centri “hub”, ed il relativo aumento della numerosità delle richieste, si sta cercando di velocizzare al massimo le refertazioni delle metodiche cromatografiche, andando ad automatizzare tutti i vari step coinvolti della metodica analitica. La metodica cromatografica, infatti, può essere suddivisa grossolanamente in 4 fasi: (1) fase di preparazione di reattivi, standard e controlli di qualità, (2) fase operativa pre-analitica, (3) fase analitica (corsa cromatografica) e (4) fase di produzione del report.
L’automazione delle fasi fa riferimento all’uso di sistemi di controllo (come circuiti logici o elaboratori) per gestire macchine e processi, riducendo al minimo la necessità dell’intervento umano. Per la preparazione di reattivi, standard e controlli di qualità si fa sempre più uso di Kit sviluppati “ad hoc”, eliminando il costo e la gestione delle materie prime, nonché il processo di validazione della metodica.
La fase pre-analitica, necessaria per la pulizia del campione, può essere velocizzata utilizzando per esempio delle piastre (a 96 pozzetti) di estrazione in fase solida (SPE) o automatizzando la sequenza dei passaggi preparativi dei campioni, in una estrazione liquido/liquido (L/L) o in una precipitazione delle proteine (PP).
I vantaggi dell’impiego di queste piastre a 96 pozzetti riguarda in particolar modo la possibilità di aumentare la numerosità dei campioni analizzati in contemporanea, ed ottenere, soprattutto con le piastre SPE, di un campione molto più “pulito” da iniettare nel sistema cromatografico. Tuttavia questa tecnologia necessita di un protocollo a volte più lungo e di strumenti appositi quali autocampionatori per piastre e sistemi di aspirazione (per creare il vuoto) o sistemi con produzione di gas inerti (sistemi a pressione positiva). Con l’uso delle piastre nasce la necessità di impiegare anche sistemi di pipettaggio più rapidi quali, per esempio, l’uso di pipette multicanale automatiche, che garantiscono maggiori velocità di esecuzione, precisione e riproducibilità, incrementando la comodità per l’operatore.
La massima automazione e affidabilità della fase pre-analitica la si raggiunge però con l’uso di workstation robotizzate, in grado di fare estrazioni/preparazioni in numero molto elevato e con tempi più brevi, in maniera affidabile. Punto particolarmente importante da considerare con queste workstation robotizzate, dotati di lettori barcode in grado di tracciare campioni e reagenti e report finali dell’intero processo, è quello di poter lavorare con la massima affidabilità, anche in regime di qualità (aspetto normativo sempre più importante per i laboratori analisi degli ospedali). Ne sono un esempio le numerose piattaforme oggi sul mercato, sempre più moderne e “plastiche” in grado di adattarsi alle esigenze di ogni procedura estrattiva ed ambito lavorativo.
Questi sistemi, sviluppati anche in alcuni casi con le principali aziende del settore cromatografico, sono in grado di integrarsi anche con lo strumento analitico.
La numerosità e la varietà delle analisi richiede corse cromatografiche più brevi e performanti ma in grado comunque di separare diversi farmaci all’interno della stessa corsa analitica. L’esempio della terapia di associazione degli ARVs ne è un esempio concreto. I sistemi UHPLC rappresentano l’avanzamento tecnologico che permette di ridurre drasticamente la durata delle corse, senza perdere però di efficienza separativa, con un minor consumo di solventi ed iniezione di pochi µl di campione. Ai sistemi UHPLC sono accoppiati molto spesso rilevatori di spettrometria di massa, e in particolare i triploquadrupoli (TQD), che sono tra i sistemi più diffusi e versatili per il dosaggio dei farmaci su matrici biologiche, ad alta sensibilità e specificità (<1 ng/mL). Questi strumenti però, e le relative metodiche/Kit devono essere attentamente validati seguendo le linee guida di riferimento e la normativa vigente (è recentissima, maggio 2017, la nuova norma europea che guida i CE-IVD, di cui queste analisi fanno parte).
La ricerca e lo sviluppo di metodiche/tecniche che consentano di dare dei risultati sempre più rapidamente, evitando al contempo l’errore umano e riducendo l’attività manuale, sono necessarie nell’ottica di migliorare sempre di più la vita del paziente, riducendo in alcuni casi l’ospedalizzazione e il numero di visite. L’obbiettivo finale del TDM applicato agli ARVs è pertanto di lavorare in termini di “personalizzazione della terapia”, migliorando l’outcome ed evitando gli effetti collaterali dei farmaci, con anche importanti ricadute economiche (risparmio diretto ed indiretto) per il Sistema Sanitario Nazionale.
Occorrono strumentazioni all’avanguardia
Per ottenere la velocità e l’affidabilità richieste dalle terapie virali come quella anti-HIV, si possono utilizzare macchine in grado di automatizzare le operazioni su un grande numero di campioni contemporaneamente, per esempio utilizzando le piastre a 96 pozzetti che permettono di gestire molti campioni in contemporanea. Inoltre, un aspetto fondamentale è la riproducibilità dei risultati, tracciabilità e integrazione con LIMS, garantendo la massima precisione nei risultati e impedendo lo scambio di campioni. L’utilizzo di macchinari infatti permette di ridurre il possibile errore umano, rendendo le analisi e i controlli più rilevanti dal punto di vista analitico.
A questo proposito, Hamilton Robotics ha appena siglato un accordo di collaborazione con Labor Berlin per lo sviluppo di metodi automatizzati per il trattamento dei campioni in fase pre-analitica, prima dell’iniezione degli stessi in analizzatori LC-MS o immuno-analizzatori. Si tratta di metodi che utilizzano la precipitazione delle proteine e l’estrazione in fase solida, che sono mirati al Therapeutic Drug Monitoring e al Drugs of Abuse, e a metodi per l’analisi di Immunosuppressants.
Antonio D’Avolio: ricerca e attività cliniche
La ricerca e l’attività clinica del Prof. D’Avolio (Professore Associato di Farmacologia) nell’Università di Torino e presso l’Ospedale Amedeo di Savoia (ASL Città di Torino), come responsabile del “Laboratorio di Farmacologia Clinica e Farmacogenetica”, si è svolta dal 2006 ad oggi sui seguenti argomenti: farmacologia clinica; studio della farmacogenetica; la gestione e la personalizzazione della terapia nei pazienti;
• farmacologia clinica di antiinfettivi, farmaci oncologici (inclusi inibitori della tirosina chinasi, mitotano, ecc.), Farmaci antipertensivi, chelanti del ferro, anticorpi monoclonali, ecc .;
• personalizzazione della gestione e della terapia nei pazienti; valutazione farmacocinetica intracellulare e tissutale dei farmaci anti-infettivi e non, anche attraverso l’uso di farmacogenetica applicata alla clinica nei pazienti che ricevono la chemioterapia (come parte di routine clinica e sperimentazioni cliniche).
• Analisi diagnostica di routine per i campioni biologici clinici che arrivano al laboratorio per “monitoraggio terapeutico dei farmaci” (quantificazione dei farmaci) e test farmacogenetici (valutazione dei polimorfismi singoli nucleotidi).
La maggior parte delle attività di monitoraggio terapeutico dei farmaci è effettuata con spettrometri di massa. Il Laboratorio di Farmacologia Clinica e Farmacogenetica produce il più alto numero di pubblicazioni/anno (dati da PubMed) in cromatografia e spettrometria di massa in Italia, ed è certificato UNI EN ISO 9001:2008 e 13485:2012 (CE-IVD).
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